Un piacevole itinerario ai piedi della città di Perugia lungo le sponde del fiume Tevere, immersi nella natura e nelle tradizioni del contado perugino.
Di domenica, si consiglia la prenotazione per la visita dell’antico FORNO A LEGNA almeno un giorno prima al num. 075.6920122.
I molini – La chiesa parrocchiale – L’antico forno a legna
I MOLINI AD ACQUA SUL TEVERE: UNA PASSEGGIATA TRA STORIA, CULTURA E TRADIZIONI GASTRONOMICHE
L’attività molitoria nel territorio comunale di Perugia svolse un ruolo fondamentale nell’organizzazione dello spazio rurale circostante non solo da un punto di vista paesaggistico e socio-economico, ma anche da un punto di vista aggregativo poiché il molino rivestì un ruolo fondamentale come luogo d’incontro, dove era possibile scambiarsi informazioni ed esperienze.
Nonostante le trasformazioni intervenute negli ultimi decenni nel paesaggio agrario della zona, è ancora possibile individuare le tracce dei singoli impianti molitori almeno nelle strutture edilizie.
Nel corso del basso Medioevo l’attività molitoria in territorio perugino doveva essere notevolmente diffusa a giudicare dal considerevole numero di mulini ad acqua presenti nel tratto del fiume Tevere compreso tra Villa Pitignano e Ponte San Giovanni. Tuttavia si parla solo di molini da grano, poiché in quell’epoca in tutta la città vecchia e nei borghi era vietato tenere mulini da olio per la salvaguardia dell’igiene pubblica e del decoro cittadino.
L’importanza che i mulini del Tevere rivestivano come centro di produzione alimentare, vitale per gli interessi della popolazione locale ma soprattutto della stessa città di Perugia, è dimostrata dalla presenza di ben tre torri–mulino, erette con funzioni difensive per un sistema vero e proprio di opifici adibiti principalmente alla macinazione di cereali dove gli impianti per la molitura erano alloggiati anche dentro le torri stesse.
Le numerose fonti documentarie dimostrano che fin dall’età medievale le strutture molitorie collocate nel tratto del Tevere in questione, erano per la maggior parte sotto il controllo degli Enti religiosi cittadini (il Monastero di Santa Giuliana, il Monastero di Santa Maria di Valdiponte, il Monastero di Monteluce, il Capitolo della Cattedrale, l’Ospedale di Santa Maria della Misericordia, il Collegio della Sapienza Nuova, il Monastero dei frati olivetani di Monte Morcino, tanto per citarne alcuni tra i più importanti) e solo in minima parte del ceto patrizio perugino (Fam. Oddi, Fam. Ranieri, Fam. Della Penna, Fam. Baglioni, …).
La moltura, cioè la quota di grano macinato che i mugnai dei molini sul fiume Tevere potevano richiedere per il proprio servizio, oscillava di una coppa ogni quindici o ogni ventiquattro di quello che macinavano. Nello Statuto cittadino del 1279 la figura del mugnaio o molinaro sembra rivestire un ruolo istituzionale così importante da assumere i caratteri di una vera e propria investitura: il suo lavoro era infatti considerato un servizio pubblico, anche se svolto da privati, ed era pertanto obbligatorio macinare il grano per chiunque lo richiedesse.
I molini ubicati lungo il Tevere, rappresentavano un gruppo piuttosto omogeneo, sia per tipologia d’impianto che di produzione. Esistevano due tipi di macine: una era destinata alla produzione di farina per la panificazione, detta “macina da bianco”; un’altra era detta “da trito”, destinata alla macinazione di cereali diversi. Interessante è notare che nei molini sul Tevere, le macine da bianco erano presenti sempre in numero maggiore delle altre, il che testimonia la dipendenza degli stessi dal mercato urbano che era il maggiore consumatore di “pagnotte” e “pan lavato” (cioè il pane bianco), mentre in campagna si consumava solitamente il “pane nero”.
I molini del territorio erano per la maggior parte a pianta rettangolare, più raramente quadrata, articolata su tre livelli. Il piano terra ospitava i locali di lavorazione, mentre in quello superiore si trovava l’abitazione del mugnaio (cucina e almeno due camere), infine al piano seminterrato erano le ruote.
L’introduzione della tassa sul macinato (1869-1884) mirava a quantificare la capacità contributiva del mugnaio, incidendo profondamente anche sull’attività molitoria provocando un abbassamento generale della qualità degli sfarinati.
Nel 1927 la legge che vietava ai molini artigiani di abburattare e vendere la farina ai fornai segnò la fine per molti di essi. Solo nel 1932 il governo fascista concesse ai piccoli mulini artigiani di produrre farine regolamentari per il commercio, ma pose anche come condizione indiscutibile, l’evoluzione e la modernizzazione degli impianti.
Alla fine della seconda guerra mondiale i piccoli mulini risultavano ancora, seppur in numero ridotto, ben inseriti nel contesto economico locale, ma nel ventennio tra il 1950 e il 1970 si verificò la quasi totale scomparsa dei mulini ad acqua del territorio, con conseguente abbandono della maggior parte degli stessi.
IL MOLINO DELLA CATASTA
Situato a Ponte Felcino sulla sponda destra del fiume Tevere (voc. Catasta), attualmente è forse quello che si è conservato in maniera migliore. Localizzato oggi in pieno contesto urbano, è facilmente raggiungibile attraverso il percorso pedonale lungo il corso del fiume che collega Ponte Felcino, Ponte Valleceppi e Ponte San Giovanni. Originariamente di proprietà del Collegio della Mercanzia di Perugia, venne trasformato agli inizi del Novecento in centrale idroelettrica per il lanificio Bonucci. Nel 1549 era costituito da un apparato produttivo davvero rilevante, che mostra di essersi mantenuto nel tempo integro, essendo composto da un molino principale destinato alla macinazione del grano, da tre molinelle secondarie e ben due valchiere. L’intero apparato, già denominato Molino della Catasta, risulta fortificato e gli strumenti destinati alla macinazione erano collocati all’interno della Torre dove, probabilmente, costituivano l’opificio più importante. Attuale proprietario del complesso è il Comune di Perugia.
L’opificio, un molino con due macine da grano, ben visibile dal percorso pedonale lungo il fiume, è situato sulla sponda destra del Tevere presso il centro abitato di Pretola, a ridosso della Torre medievale del 1300, oggi sede dell’Ecomuseo. Documenti della seconda metà del 1300 attestano la presenza di almeno tre molini nella zona di Pretola, annessi probabilmente al palazzo fortificato della famiglia Boccoli nell’area della Torre medievale e di proprietà dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia. Il più importante ente assistenziale cittadino deteneva il primato delle strutture produttive lungo il Tevere, poiché intorno alla metà del 1500 assorbì anche il patrimonio fondiario dell’Ospedale del Colle.
Il Molino della Torre era rappresentato come munito di tre avancorpi sul fiume , ciascuno con parete ad angolo per non ostacolare la corrente e facilitare la deviazione dell’acqua verso ciascuna delle due ruote per ottenere più spinta.
Fino al 1940 il mulino macinava grano tenero, duro ed altri cereali, leguminose e granoturco; finché venne acquistato pochi anni dopo dal marchese Pietro Marini Clarelli e da Luigi Rossi, che lo utilizzò per macinare ghiaia. Successivamente divenne una fabbrica di mattonelle. Oggi, visibilmente in degrado, l’intero complesso è di proprietà del Comune di Perugia.
IL MOLINO DELLA SAPIENZA NOVA
Ubicato lungo la sponda destra del Tevere, poco a valle del ponte sul Tevere della frazione di Ponte Valleceppi, oggi purtroppo è ridotto a rudere facente parte attualmente della proprietà della Distilleria Di Lorenzo. Il collegio della Sapienza Nuova possedeva questo molino già nel 1585, che era l’unico tra gli altri con trascritta la denominazione ufficiale nella mappa del Catasto Chiesa e l’unico ad avere rappresentata, nel lato verso il Tevere, la ruota di alimentazione. In questo molino nel 1739 si ha la prima presenza documentata della famiglia Faffa con Giacomo di Cesare Faffa, molinaro, il quale alloggiava in questo opificio insieme alla sua famiglia. Acquistato in seguito dal conte Baldeschi e passato poi in mano agli eredi di quest’ultimo, negli anni Venti del 1900 era dotato di quattro macine : due da grano, una da granoturco una per cereali diversi.
Mario Ricci, divenuto poi il vecchio proprietario del Mulino a Palmenti Ricci tutt’oggi gestito dai suoi eredi e ancora in attività, mantenne la gestione dell’impianto dal 1951 al 1961 anno della definitiva cessazione dell’attività dell’impianto.
Interessante è sapere che la turbina che azionava le macine veniva utilizzata di notte per produrre energia elettrica per una parte del paese di Ponte Valleceppi.
MOLINO DELL’OSPEDALE (altrimenti detto Molino dello Spedale)
Situato presso la frazione di Ponte San Giovanni, all’epoca in vocabolo “il Molino del Colle”, in località Ferriera, sempre lungo la sponda destra del Tevere (poco a monte del ponte di legno), già agli inizi del 1600 apparteneva anch’esso all’Ospedale di Santa Maria della Misericordia di Perugia, come testimonia il portone ligneo d’ingresso sovrastato dallo stemma dello stesso Ospedale.
Il molino, evidentemente facente parte di un complesso edilizio piuttosto grande, era dotato di stalle e di un magazzino dove veniva conservato il legname per riparare la chiusa e aveva tre mole in pietra: una macina dormiente (cioè fissa) destinata alla macinazione del grano e due mobili, una delle quali destinata alla molitura di cereali diversi dal grano.
Nel 1798, epoca del triennio giacobino in Italia, amministratore del molino era il possidente Luigi Faffa, nipote di Giacomo di Cesare Faffa, molinaro del Molino della Sapienza Nuova di Ponte Valleceppi e padre di Vincenzo Faffa, fondatore dello storico Forno Faffa sempre di Ponte Valleceppi.
Il grano che vi si macinava alla fine dell’Ottocento è documentato provenire in gran parte dalla campagna di Deruta, di Collestrada e di Preggio.
Di proprietà della famiglia Mignini negli anni Quaranta del 1900, venne parzialmente distrutto, insieme al vicino ponte sul Tevere, durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Ricostruito e riportato in attività parziale, oggi giace purtroppo in completo stato di abbandono.
MOLINO DI SANTA GIULIANA
Situato praticamente di fronte al Molino dello Spedale, sempre sulla riva destra del fiume, ma a valle del ponte di legno, dal 1400 alla prima metà del 1800 fu di proprietà del Monastero di Santa Giuliana.
Luigi Faffa nominato, dal General in Capo dell’Armata francese in Roma, aediles ceriales (cioè sorvegliante dell’annona e responsabile dell’approvvigionamento del grano per le truppe francesi) per le zone di Ponte Valleceppi, Pretola, Casaglia, Villa Gemini, Lidarno e Civitella d’Arna, risulta essere gestore anche del Molino di Santa Giuliana contemporaneamente a quello dello Spedale.
Distrutto da un incendio nel 1898 e successivamente ricostruito, negli anni Venti del 1900 era di proprietà della Società Anonima Molino e Pastificio e possedeva due impianti molitori diversi: il più antico a palmenti, azionato a forza idraulica, un altro a cilindri.
Attualmente di proprietà della famiglia Mignini, una datata proposta promossa anni fa da un comitato di cittadini in accordo con il Comune di Perugia, prevederebbe il recupero architettonico per un’eventuale utilizzazione in ambito culturale.